Quando un rapporto finisce: il mal d’amore

L’innamoramento attiva particolari aree del cervello e ne disattiva altre: le stesse che si accendono e si spengono durante l’assunzione di oppiacei. Quindi, essere innamorati è un po’ come ritrovarsi perennemente sotto effetto di sostanze stupefacenti.

L’innamoramento provoca uno sconvolgimento in specifiche aree del cervello che vengono letteralmente bombardate da neurotrasmettitori. Ricerche eseguite con risonanza magnetica, dimostrano che si spengono altri nuclei nervosi nelle zone frontali del cervello, tali nuclei governano il giudizio e la parte razionale. Insomma, anche dal punto di vista tecnico, si può dire che un innamorato perde il lume della ragione. In più, questo sconvolgimento di neurotrasmettitori porta ad una minore attività dell’amigdala, sito del cervello che gestisce le emozioni ed in particolar modo la paura, ecco perché l’amore corrisposto ci mette così tanto di buon umore ma non è tutto oro quello che luccica!

La rottura traumatica di una relazione sentimentale lascia delle vere “ferite” e innesca meccanismi simili a quelli riscontrati nella cura della tossicodipendenza. Di solito usiamo frasi stile “Ti amo con tutto il mio cuore”, beh, cari miei, il cuore non c’entra, tutto avviene nel cervello. È una vera crisi d’astinenza e le conseguenze possono essere imprevedibili. Alcuni esperimenti con la risonanza magnetica hanno mostrato che le aree cerebrali che operano durante  una fase “di crepacuore”, cioè appena dopo una rottura, sono le stesse aree che si attivano in quei pazienti che sono in astinenza da cocaina o oppiacei. Questo spiegherebbe anche comportamenti ossessivi-compulsivi tipici degli amanti.

“Proprio il meccanismo di dipendenza e ricompensa – scrivono i ricercatori – spiega anche la nascita di sentimenti, legati a un rifiuto, difficili da controllare, come lo stalking, l’omicidio e il suicidio, e la depressione associata al rifiuto e alla perdita di un amore“.

Perché si scatena una crisi d’astinenza?
I “cuori infranti” (o dovremmo dire i cervelli infranti?!) agiscono su diverse aree neurali:
-l’area “ventrale tegmentale”, che controlla motivazione o incentivo a essere attivi. E’ l’area motivazionale dalla quale noi possiamo trarre appagamento (area già nota per il suo coinvolgimento nei sentimenti suscitati dall’amore romantico);
-il “nucleo accumbens” e la corteccia orbitofrontale e quella prefrontale, tutte zone associate al desiderio e alla dipendenza;
-il sistema dopaminergico, cioè quello della dipendenza dalla cocaina; la corteccia insulare e quella cingolata anteriore, associate a dolore fisico e stress.

Che cosa succede in termini pratici
Dopo l’abbandono si innesca una frustrazione psicologica: si piange per qualsiasi motivo (una canzone, un bar, una frase ecc.) si cercano diversi tentativi per rimediare e magari riallacciare i rapporti con la persona amata; subentra una tristezza costante , il desiderio di isolarsi dal resto del mondo e stare soli con se stessi, o meglio, con il proprio dolore.

Aspetti sintomatici
Apatia generalizzata, deconcentrazione, indifferenza, distacco, demotivazione totale, depressione, ansia, bulimia, anoressia, insonnia
la mancata gratificazione protratta nel tempo scatena di conseguenza la reazione aggressiva che può essere eterodiretta (rivolta verso l’esterno) oppure autodiretta (rivolta su di sé). In altri casi la rabbia repressa si tramuta in disperazione, dove nella migliore delle ipotesi ci si aggrappa al primo venuto (famoso chiodo sciaccia chiodo, che io consiglio a patto che scaturisca esclusivamente da un atteggiamento egoistico e non di compensazione) o nella peggiore delle ipotesi si traduce in patologie organiche e psicologiche gravi. O ancora ci si “lascia andare”, talvolta è anche la stessa reazione aggressiva autodiretta a scatenare ciò. Ci si lascia andare  al fumo, all’alcool o a sostanze, senza freno, in una specie di suicidio lento che elimina le capacità di sopravvivere del corpo e può spingersi addirittura ad un gesto estremo (suicidio).

Quanto dura il mal d’amore?
Questa domanda non ha risposta da un punto di vista scientifico, ma solo da un punto di vista statistico.
Un cuore infranto ha bisogno di almeno due o tre mesi per attenuare la fase acuta della sofferenza, dopo sei mesi si possono evidenziare grossi miglioramenti negli aspetti sintomatici che lo hanno coinvolto. Dopo circa un anno, si può configurare un recupero totale sia fisico che psichico. Qualora dopo un anno il dolore persiste può essersi determinata una condizione cronica per cui si richiede l’aiuto di uno specialista.

Consigli per superare la fine di un rapporto
Serve un distacco assoluto dalla persona che ci ha lasciato. Spesso, si tende a mantenere una minimo di relazione, di tipo amicale, con l’altro illudendosi che così il dolore sarà meno lacerante ma in tal modo, generalmente, non si fà altro che prolungare l’agonia o peggio, generare confusione. Piangere vi farà bene. Cercate una persona a voi cara che presti semplicemente ascolto, servirà ad allevierare un pò la sofferenza. Và espressa anche tutta la rabbia che si ha dentro così da limitare al minimo le frustrazioni.
Cercate di concentrarvi su nuovi interessi.
È vero ci sono persone che rimarranno nei nostri cuori, persone delle quali non vorremmo mai sbarazzarci, va benissimo serbare un ricordo, va bene anche la nostalgia, ma la cosa fondamentale è che questi sentimenti non diventino invalidanti. Ricordatevi, per quanto doloroso e lento possa essere questo percorso di superamento della fine di un amore, arriverà l’ora in cui vi accorgerete di essere guariti e vi renderete conto che il più grande amore è quello che ancora deve venire: non chiudete le porte del cuore.

dottoressa Anna Maria Sepe, psicoanalista

 

fonte: www.giacinto.org

 

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